Nel 1973, a quasi 30 anni dalla fine della guerra, alcuni cattolici tedeschi fondarono l’Opera Maximilian Kolbe per avviare un processo di riconciliazione con le vittime polacche dei campi di concentramento nazisti. Un’iniziativa partita dal basso, scomoda per entrambi i paesi, ma che porta ancora frutti. Un esempio da tener presente.
Negli anni che seguirono la Seconda guerra mondiale il cammino di riconciliazione tra tedeschi e polacchi non fu facile, né poté cominciare subito: a differenza della Francia, ha ricordato il presidente Richard von Weizsäcker, «non avevamo confini comuni e praticamente non c’erano contatti o iniziative politiche». Ancora nel settembre 1959, alla domanda «cosa ne pensa dei polacchi?» il 36% dei tedeschi intervistati rispondeva con un atteggiamento prevalentemente negativo. «Nel nostro paese l’antisemitismo è stato vietato per legge, ma intanto si è diffuso un forte antipolonismo», osservava il sacerdote cattolico Helmut Holzapfel, uno dei pionieri del riavvicinamento tra i due popoli.